Nei giorni scorsi gli organi di informazione locale hanno dato ampio spazio alle conferenza stampa del Sindaco Quecchia, giustamente allarmato per l’andamento del bacino marmifero e per le ripercussioni sul bilancio comunale.

A mio avviso il vero problema è che il Sindaco non si è solamente preoccupato delle cave ma anche fortemente occupato, come cercherò di documentare attenendomi ai dati, ai fatti ed agli atti, disponibili a chiunque voglia informarsi, per poi sviluppare alcune personali considerazioni.

Partiamo dai dati: nel maldestro tentativo di attribuire colpe alla amministrazione precedente ed alla vicenda del contenzioso sorto con i bandi per il rilascio delle concessioni, peraltro obbligatori, il Sindaco ha evidenziato i dati del calo della produzione dei blocchi sulle aree comunali dal 2014 (1.150.622 quintali) al 2019 (852.419 quintali).

Tesi insostenibile per due motivi:

  1. nel medesimo periodo la contrazione ha interessato anche le attività svolte su aree private, non soggette ai bandi, che dai 237.740 quintali del 2014 hanno registrato una contrazione fino ai 132.660 quintali del 2019;
  2. nel Piano Comunale predisposto nel giugno 2012 per gli anni 2014/2021, rimpianto dal Sindaco, troviamo scritto a pagina 112 della relazione Si è già detto del trend negativo delle produzioni dell’ultimo decennio che se fosse assunto come tale proietterebbe il settore verso il declino totale.” e inoltre, a ulteriore dimostrazione che le difficoltà erano presenti da prima del 2014, giova ricordare che nel 2007 la produzione di blocchi sulle aree pubbliche era stata di ben 1.638.501 quintali).

Da considerare che il bando intendeva invertire l’andamento degli ultimi anni attraverso il lotto unico – ritenuto dalle due sentenze del TAR (sinistra e destra Rino) come scelta adeguata al mercato attuale – e un sistema di punteggi che, riconoscendo all’offerta puramente economica solamente un quarto dei punti, premiava la tutela dei lavoratori e dell’ambiente, incentivava l’aggregazione delle piccole e medie imprese e favoriva la valorizzazione del prodotto e la sua commercializzazione.

I fatti e gli atti: il contenzioso era nato anche con il citato Piano Comunale e per il bando sul sinistra Rino, quello in giudizio avanti il Consiglio di Stato, l’iniziale opposizione di alcune aziende si è poi evoluta nella presentazione di una offerta in forma consortile per dotarsi dei requisiti stabiliti.

Altre hanno preferito percorrere la strada del contenzioso invece di attrezzarsi per la gara e in tal senso la sentenza del TAR sul bando del sinistra Rino, a pag.9, specifica che “In realtà, l’esclusione della ricorrente è da qualificare come autoesclusione, in quanto il rifiuto di partecipare alla gara in un raggruppamento temporaneo dotato dei necessari requisiti non poteva condurre a un esito diverso.”.

Un doveroso commento sulla tempistica: un bando emesso nel gennaio 2018, promosso dal TAR ai primi di maggio nel 2019, vedrà forse il proprio epilogo solamente nel 2021 e dico forse perché l’Amministrazione attuale non è stata e temo non sarà affatto neutrale.

Tre (3) soli giorni dopo l’elezione, il nuovo Sindaco ha revocato agli avvocati incaricati il mandato difensivo per il ricorso al Consiglio di Stato (nelle ordinanze di rinvio del CdS di gennaio e di luglio viene specificato che il Comune non si è costituito in giudizio).

A settembre 2019, la Giunta ha approvato un atto di indirizzo agli Uffici finalizzato alla verifica dei presupposti per la revoca o per l’annullamento della gara, a seguito del quale il Consiglio di Stato, non avendo notizie della sua conclusione, con Ordinanza del 7 gennaio ha rinviato al 16 luglio scorso la decisione di merito.

In realtà già a novembre l’allora Responsabile dell’Ufficio e la Segretaria Comunale avevano ritenuto non opportuno procedere in tale direzione per la mancanza di presupposti e per i rischi connessi che ciò comportava per il Comune.

A febbraio 2020, il nuovo Responsabile dell’Ufficio ha avviato nuovamente la procedura, che per cause varie risulta tutt’ora in corso.

Nell’ultima Ordinanza del Consiglio di Stato del 30 luglio è riportato:

“Rilevato che, come emerge da quanto depositato dal Comune di Botticino il 15 giugno 2020 in esito all’ordinanza istruttoria della Sezione n. 74/2020, l’Amministrazione comunale ha avviato un procedimento per la verifica della sussistenza dei presupposti per la revoca o l’annullamento degli atti della gara per cui è causa, e che questo è tutt’ora in corso;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), rinvia la trattazione del merito della causa alla prima udienza pubblica del 2021 in cui sono compresenti il presidente e il relatore dell’odierno provvedimento.”

Le considerazioni su questo comportamento dell’Amministrazione comunale in carica:

  • visto il ruolo svolto in questa vicenda, il lamentarsi del Sindaco per le lungaggini e le conseguenti proroghe appare del tutto fuori luogo;
  • se sono ritenuti pericolosi i fronti in cava, non si capisce perché si è voluto agire per creare i presupposti dei rinvii delle decisioni del Consiglio di Stato (ma su questo punto forse gli intenti della segnalazione erano altri);
  • risultano poco credibili i timori per le minori entrate per il Comune, in quanto – fatta salva l’eccezionalità della pandemia – il bando tanto osteggiato per il sinistra Rino prevedeva un introito minimo per il Comune sui blocchi di oltre 1.800.000 euro all’anno, ai quali andavano aggiunti altri significativi importi sugli scarti.

Nell’annunciare il servizio dedicato alla conferenza stampa, sulla prima pagina del Bresciaoggi giganteggiava una immagine delle cave di Botticino con la scritta a grandi caratteri IL BUCO NERO.

Sono tenuto a credere che il riscontro del buco nero delle cave non dipenda dall’astrofisica o da un destino cinico e baro.

Chi si è adoperato per mantenere inalterata la fotografia di un bacino marmifero sofferente da lungo tempo, alzi quantomeno la mano.

 

Fabbio Baitelli – ex presidente Commissione Ordinaria Cave del Comune di Botticino

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